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25.00 Lettera 264 Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce

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  • Al nome di Ges Cristo crocifisso e di Maria dolce
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  • Carissima suora in Cristo dolce Ges. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta pazienza, considerando me, che l'anima non pu piacere a Dio n stare nella sua Grazia senza la virt della pazienza.
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  • Perch, ipso facto che ella impaziente, privata di Dio per Grazia (perch limpazienza procede dall'amor proprio di s medesimo), vestita della propria volont sensitiva; e l'amor proprio e la propria sensualit non Dio. Adunque vedete, che l'anima, che impaziente, privata di Dio.
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  • Impossibile , dice Cristo, che l'uomo possa servire a due signori; perch s'egli serve all'uno, egli sar in contento all'altro, perch sono contrari.
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  • Il mondo e Dio non hanno conformit insieme, e per sono tanto contrari i servi del mondo ai servi di Dio. Colui che serve al mondo, non si diletta d'altro, se non d'amare con la propria sensualit e disordinato amore, delizie, ricchezze, stati, onore, e signoria; le quali cose passano tutte come il vento, per che non hanno in loro alcuna fermezza n stabilit.
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  • Appetisce la creatura con amore disordinato la lunga vita, e ella breve; la sanit, e spesse volte ci conviene essere infermi. E tanto la poca fermezza loro in ogni diletto e consolazione del mondo, che di bisogno , ch'elle siano tolte a noi, o che noi siamo tolti a loro.
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  • Onde alcuna volta permette Dio, che elle siano tolte a noi; e questo quando noi perdiamo la sostanza temporale, o eziandio la vita corporale di coloro che noi amiamo: o viene caso che noi lasciamo loro, e questo quando Dio ci chiama di questa vita, morendo corporalmente.
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  • Dico dunque, che per il disordinato amore che i servi del mondo hanno posto a loro medesimi, col quale amore disordinato amano ogni creatura e figliuoli e marito e fratelli e padre e madre, e tutti i diletti del mondo; perdendoli, sostengono intollerabili pene, e sono impazienti e incomportabili a loro medesimi.
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  • E non da meravigliarsene; per che tanto si perdono con dolore, quanto l'affetto dell'anima le possiede con amore.
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  • Onde in questa vita gustano l'arra dell'inferno; in tanto che se essi non si provvedono in riconoscere le colpe loro, e con vera pazienza portare, considerando che Dio l'ha permesso per nostro bene; giungono all'eterna dannazione.
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  • O quanto stolto, carissime suore e figliuole, colui che si d ad amare questo miserabile signore del mondo, il quale non ha in s alcuna fede; anco, pieno d'inganno: e ingannato rimane colui che se ne fida!
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  • Egli mostra bello, ed egli sozzo; egli ci vuole mostrare che egli sia fermo e stabile, ed egli si muta. Bene lo vediamo manifestamente; per che oggi siamo ricchi, e domane poveri; oggi signori, e domane vassalli; oggi vivi, e domane morti. Sicch vediamo dunque, che non fermo.
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  • Questo parve che volesse dire quel glorioso di Paolo dicendo: Abbiti cura a coloro che presumono di fidarsi di loro e del mondo; per che quando tu credi bene stare, e tu vieni meno. E cos la verit.
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  • Dobbiamo dunque levarci dall'amore e confidenza che abbiamo al mondo, poich ci d tanto male di colpa e di pena da qualunque lato noi ci voltiamo. Elle danno, dico, molestia e scandalo le cose del mondo a chi le possiede fuori di Dio.
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  • In Dio dobbiamo amare ci che noi amiamo, e a gloria e lode del nome suo.
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  • E non vorrei per, che voi credeste che Dio non volesse che noi amassimo; per ch'egli vuole che noi amiamo, perch tutte le cose che sono fatte da lui, sono degne d'essere amate; perch Dio, che somma Bont, ha fatte tutte le cose buone, e non pu fare altro che bene.
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  • Ma solo il non amarle con ordine secondo Dio, e con vera umilt, riconoscendole da lui, quello che le fa cattive, ed male di colpa. Questa colpa dunque, che una nostra disordinata volont, con la quale noi amiamo, non degna d'essere amata; anco, degna d'odio e di pena, perch non in Dio.
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  • Molto discordante veramente, questo misero signore del mondo, da Dio. Dio vuole virt, e il mondo vizio; in Dio tutta pazienza, e il mondo impaziente.
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  • In Cristo crocifisso, tutta clemenza ed fermo e stabile, che mai non si muove, e le sue promesse non fallano mai, perch egli vita e indi abbiamo la vita. Egli verit, per che egli mantiene la promessa, ogni bene remunera, e ogni colpa punisce.
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  • Egli luce che ci d lume; egli nostra speranza, nostro provveditore e nostra fortezza; e a chi si confida in lui, egli non manca mai; perch tanto quanto l'anima si confida nel suo Creatore, tanto provveduta.
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  • Egli toglie la debolezza, e fortifica il cuore del tribolato, che con vera umilt e confidenza chiede laiuto suo, pur che noi volgiamo l'occhio dell'intelletto con vero lume alla sua inestimabile carit.
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  • Il qual lume acquisteremo nell'obietto del sangue di Cristo crocifisso; perch senza il lume non potremo vedere quanto miserabile cosa amare il mondo, n quanto bene e utilit amare e temere Dio: perch, non vedendo, non si potrebbe amare chi degno d'amore, n dispregiare il vizio e il peccato, che degno d'odio.
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  • Ora a questo, dunque, dolce Signore, voglio che con vera pazienza voi serviate. Voi avete provato quanto penosa la servitudine del mondo, e con quanta pena vien tosto meno.
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  • Dunque accostatevi a Cristo crocifisso, e lui, cominciate a servire con tutto il cuore e con tutta l'anima; e con vera pazienza porterete la santa disciplina che egli v'ha posta non per odio, ma per amore ch'egli ebbe alla salute dell'anima sua, alla quale ebbe tanta misericordia, permettendo che morisse nel servizio della santa Chiesa:
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  • che, essendo morto in altro modo, per i molti viluppi e tenerezze del mondo e affanno degli amici e parenti (i quali spesse volte sono impedimento della nostra salute) avrebbe avuto molto che fare. Volendo dunque Dio, che l'amava di singolare amore, provvedere alla salute sua, permise di condurlo a quel punto, il quale fu dolce all'anima sua.
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  • E voi dovete esser amatrice pi dell'anima che del corpo; per che il corpo mortale, ed cosa finita, e l'anima immortale e infinita. Sicch dunque vedete che la somma Provvidenza ha provveduto alla sua salute: e a voi ha provveduto di farvi portare delle fatiche, per avere di che remunerarvi in vita eterna.
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  • Gi abbiamo detto che ogni bene remunerato, e ogni colpa punita, cio ogni pena e tribolazione, che con pazienza si porta; e ogni impazienza, mormorazione, e odio che abbiamo contro Dio e il prossimo nostro e a noi medesimi; e anco ha voluto il dolce e buon Ges, che conosciate che cosa il mondo, e quanto miserabile cosa a farsi Dio dei figliuoli, o del marito, o dello stato, o d'alcuna altra cosa.
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  • E se voi mi diceste: la fatica s grande, che io non la posso portare; io vi rispondo, carissima suora, che la fatica piccola, e si pu portare. Dico ch' piccola, per la piccolezza e brevit del tempo; per che tanto grande la fatica quanto il tempo. Che, passati che noi siamo di questa vita, sono finite le nostre fatiche.
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  • Il tempo nostro quanto ? Dicono i Santi, che egli quanto una punta dago; che per altezza n per lunghezza non cavelle. E cos la vita del corpo nostro: per che subito vien meno quando piace alla divina Bont di trarci di questa vita.
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  • Dico ancora, che si pu portare; perch nessuno che le possa togliere da s per alcuna impazienza. Onde assai dica: Io non posso n voglio portare: che gli conviene pur portare. E il suo non volere gli aggiunge fatica sopra fatica, con la sua propria volont; nella quale volont sta ogni pena. Perch tanto grande la fatica, quanto la volont la fa grande. Onde, toglimi la volont, ed tolta la fatica.
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  • E con che si toglie questa volont? Con la memoria del sangue di Cristo crocifisso.
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  • Questo sangue di tanto diletto che ogni amaritudine nella memoria di questo sangue diventa dolce, e ogni gran peso diventa leggiero: per che nel sangue di Cristo troviamo l'amore ineffabile con che siamo amati da lui: perch per amore ci ha data la vita e ci ha reso la Grazia, la quale noi per il peccato perdemmo.
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  • Nel sangue troviamo la larghezza della sua misericordia; e ine si vede che Dio non vuole altro che il nostro bene. O sangue dolce, che inebri l'anima! Egli quel sangue che d pazienza; egli ci veste il vestimento nuziale col quale ci conviene entrare a vita eterna.
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  • Questo il vestimento della carit, senza la quale saremmo cacciati del convito di vita eterna. Veramente, carissima suora, che nella memoria di questo sangue acquistiamo ogni diletto, e ogni refrigerio in ogni nostra fatica e avversit.
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  • E per vi dissi che con la memoria del sangue di Cristo si toglieva la volont sensitiva, la quale ci d impazienza; e ci veste la detta memoria del sangue, della volont di Dio, dove l'anima porta con tanta pazienza che in nessunaltra cosa che le avvenga si pu turbare; ma si duole pi quando si sentisse dolore delle fatiche, e ribellare alla volont di Dio, che non fa delle proprie fatiche.
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  • E cos dovete far voi, e dolervi del sentimento vostro, che si duole. E per questo modo mortificherete il vizio dell'ira e della impazienza, e verrete a perfetta virt.
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  • E se voi considerate voi medesima, quante sono le pene che Cristo ha portate con noi, e con quanto amore ve l'ha concesse, solo perch siate santificata in lui; e quanto la fatica piccola per la brevit del tempo, come detto ; e come ogni nostra fatica sar remunerata; e quanto Dio buono, e che la sua bont non pu volere altro che tutto a nostro bene;
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  • dico che ogni cosa, avendo questa santa considerazione, vi far portare leggermente, e ogni tribolazione; con vero conoscimento dei nostri difetti, che meritiamo ogni fatica; e della bont di Dio in noi, dove noi troviamo tanta misericordia: perch per le nostre colpe meriteremmo pena infinita; ed egli ci punisce con queste pene finite e insieme si sconta il peccato e meritiamo vita eterna per la grazia sua, chi serve lui portando con vera pazienza.
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  • Il quale di tanta benignit, che il servire a lui non essere servo, ma regnare. E tutti li fa re, e signori liberi; per che li ha tratti della servitudine del dimonio, e del perverso tiranno del mondo, e della oscura sua servitudine.
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  • Ors dunque, carissime figliuole, poi che tanto amaro il servire e amare di disordinato amore il mondo, le creature, e noi medesimi; ed tanto dolce a servire e temere il dolce nostro Salvatore, signor nostro naturale, che ci ha amati prima che noi fossimo, per la sua infinita carit; non dunque da perdere pi il tempo.
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  • Ma con vero lume e viva fede, confidandoci che egli ci sovverr a ogni nostro bisogno, lo serviamo con tutto il cuore e con tutto l'affetto e con tutte le forze nostre, e con reale pazienza, la quale piena di dolcezza.
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  • Questa virt sempre donna, sempre vince, e non mai vinta; perch non si lascia signoreggiare n possedere dall'ira. Onde chi l'ha, non vede morte eterna; ma in questa vita gusta l'arra di vita eterna.
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  • E senz'essa stiamo nella morte, privati del bene della terra, e del bene del cielo. E per dissi, vedendo tanto pericolo, e sentendo che, per il caso occorso a voi, n'avevate bisogno acciocch non perdeste il frutto delle vostre fatiche, dissi, e dico, che io desideravo di vedervi fondata in vera e perfetta pazienza.
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  • E cos dovete fare, acciocch, quando sarete richiesta dalla prima dolce Verit nell'ultimo punto della morte, possiate dire: Signor mio, io ho corso, e consumata questa vita con fede e speranza ch'io ebbi in te, portando con pazienza le fatiche che per mio bene mi concedesti.
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  • Ora ti domando per grazia, per i meriti del sangue tuo, che tu mi doni te, il quale sei vita senza morte, luce senza tenebre, saziet senza alcun fastidio, e fame dilettevole senza alcuna pena; pieno d'ogni bene in tanto che la lingua non lo pu dire; n il cuore pensare, n l'occhio vedere quanto bene quello che tu hai apparecchiato a me e agli altri, che sostengono volontariamente ogni fatica per tuo amore.
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  • Io vi prometto, carissima suora, che facendo cos, Dio vi rimetter ancora nella casa vostra temporale; e nell'ultimo tornerete nella patria vostra Jerusalem, visione di pace: siccome fece a Job, che, provato ch'ebbe la sua pazienza
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  • (avendo perduto ci che egli aveva, morti i figliuoli, e perduto l'avere e toltogli la sanit, in tanto che le sue carni menavano vermi, la moglie gli era rimasta per il suo stimolo, che sempre lo tribolava; e in tutte queste cose Job non si lagna, ma dice: Dio me le diede; e Dio me l'ha tolte; in ogni cosa sia glorificato il nome suo);
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  • vedendo Dio tanta pazienza in Job, gli restitu d'ogni cosa il doppio pi che non aveva, dandogli qui la sua Grazia, e nel fine la vita eterna. Or cos fate voi.
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  • E non vi lasciate ingannare alla passione sensitiva, n al mondo n al dimonio n a detto d'alcuna creatura. E guardatevi dall'odio del cuore verso il prossimo vostro, perch la peggiore lebbra che sia.
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  • L'odio fa nell'anima come colui che vuole uccidere il nemico suo; il quale, volgendo la punta del coltello verso di lui, uccide prima se medesimo, che egli uccida lui. Cos fa l'odio: perch prima morta l'anima dal coltello dell'odio, che egli uccida lui.
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  • Spero nella bont di Dio che lo farete. E anco acci meglio lo possiate fare, usate di confessarvi spesso, e di ritrovarvi volentieri coi servi di Dio. E dilettatevi dell'orazione, dove l'anima conosce meglio s e Dio.
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  • Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso.
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  • Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
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