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CORONE DELL'ASMARA nelle acque del Golfo Persico Author(s): SALVATORE RUGGERI Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 5, No. 7 (Luglio 1950), p. 140 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40755931 . Accessed: 14/06/2014 12:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.198 on Sat, 14 Jun 2014 12:22:46 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

CORONE DELL'ASMARA nelle acque del Golfo Persico

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CORONE DELL'ASMARA nelle acque del Golfo PersicoAuthor(s): SALVATORE RUGGERISource: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 5, No. 7 (Luglio 1950), p. 140Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40755931 .

Accessed: 14/06/2014 12:22

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140 AFFRICA

birmana si trovava a muoversi, ma che non mancava tuttavia di alcuni elementi realistici e di alcuni prin- cipii, giuridicamente formulati (la sua professione di giudice gli era in questo di evidente vantaggio), che evi- tavano alla proposta di divenire unicamente uno sterile tentativo di uscire dal dilemma per il rotto della cuffia e con il minimo di responsabilità propria. Tesi che, alla fine, per alcuni innegabili pregi intrinseci, finiva per ri- cevere appoggio da una parte tutta diversa: dal Sud Africa.

Questo Paese, per la sua specialissima posizione in Africa (nazione « bianca » immersa in una maggioran- za negra) è naturalmente mosso da esperienze e con- cezioni proprie in tutti i problemi africani. Contrario per principio ad elargire l'indipendenza a comunità autocto- ne che non abbiano raggiunto un grado di maturità so- ciale e politica pari allo «standard europeo », contrario all'aumento dell'influenza dell'O.N.U. (di cui teme la incidenza della ideologia) in Africa, ma in pari tempo compreso e cosciente del valore della funzione della co- munità italiana in Eritrea e della condizione in cui tutte le minoranze eritree verrebbero poste da una am- ministrazione etiopica, le cui limitazioni rispetto all'Eri- trea non possono obbiettivamente venir negate, questo Paese, dunque, andava pure in cerca di un « tertium » fra i due poli dell'indipendenza e dell'annessione al- l'Etiopia.

Il, suo delegato nella Commissione per l'Eritrea era uomo di alto rango ed esperienza: il Generale Theron. Vecchio soldato formatosi al seguito del Maresciallo Smuts era in un certo senso il più «diplomatico» dei cinque, sia per i suoi modi da gran signore sia per gli incarichi diplomatici già ricoperti. Egli è infatti tuttora Ministro Plenipotenziario del Sud Africa accreditato pres- so i Governi di Roma, Cairo, Atene.

Non giurista né « esperto » in senso tecnico, era piut- tosto uomo di fine esperienza politica generale, capace quindi di accettare il buono (od il più conveniente) da chiunque fosse proposto. Con alcune riserve ed aggiunte, egli ha aderito alla tesi federalista escogitata in un primo tempo dal delegato birmano.

Tutto questo si è svolto in un'ala del grande e bel Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra, in sedute for- mali della Commissione, e più ancora in incontri per- sonali fra i varii delegati. L'efficiente organizzazione di Segreteria fornita alla Commissione dal Segretariato del- TO.N.U. è stata in grado di raccogliere a verbale quello che si è detto nelle sedute. Peccato che non sarà mai pubblicato! Ma non è stato verbalizzato quello che e avvenuto, come suoi dirsi, nei corridoi. Conversazioni esplorative, sfoggie di argomenti tecnici ed economici, incitamenti reciproci per portarsi verso l'una o l'altra conclusione. Queste azioni e pressioni destano nel pub- blico, di solito, una sfavorevole impressione. Politica, suoi dirsi,' compromesso, ricerca della manzoniana « ragion composta di quel che si debba fare e di quel che con- venga fare». E la verità dove va a finire?

Siffatte sfavorevoli reazioni non sono giustificate. Non esiste, nei problemi umani di questo genere, una verità astratta che non. abbia collegamenti e non sia condi- zionata alle forze reali influenti sul problema stesso. La questione dell'Eritrea è oggetto di molteplici, vari e tal- volta divergenti interessi, ognuno dei quali opera e in- fluisce come può, sia localmente sia nelle altre sedi ove si discute e dibatte il problema. Questa è la verità. La verità è la risultante di queste forze reali, non una decisione presa in base a principii astratti di giustizia.

Perciò diciamo che i suffragi che Guatemala e Paki- stan hanno dato alla tesi dell'indipendenza hanno un valore reale, perché sono il frutto di un dibattito con altre tesi e altri punti di vista. Perciò riteniamo che la soluzione dell'annessione integrale, sostenuta dal solo delegato norvegese, e ancor più quella della spartizione, non più patrocinata da nessuno, nonostante le intuitive pressioni da cui sono state sostenute, debbono conside- rarsi cadute non solo davanti alla Commissione dei Cin- que, ma anche davanti alla Piccola Assemblea.

Qui si riprodurranno le stessi tesi e le stesse in- fluenze. Se la Commissione dei Cinque a Ginevra si fosse chiusa in una campana di vetro, e lì, in contemplazione di una filosófica verità, avesse emesso il suo verdetto, a tale verdetto si potrebbe oggi negare ogni valore in- dicativo delle future decisioni. Ma così non è stato. La Commissione ha viaggiato e sentito persone e partiti po-

litici, ha sentito Governi; ha, evidentemente, subito gli influssi di diverse e particolari posizioni ideologiche e di interessi differenti. I risultati cui è giunta sono realtà. Di essi non potranno non tener conto la Piccola As- semblea e l'Assemblea Generale.

Dalle prime notizie che ci pervengono da Lake Success circa ì lavori della Piccola Assemblea dell'O.N.U. {ai quali presen- zia, pur non partecipando, una delegazione italiana capeggiata dal sottosegretario Brus as co) sembra delinearsi un orientamento favorevole piuttosto alla tesi della Birmânia e del Sud Africa {Federazione tra l'Eritrea e l'Etiopia) che non a quella del Gua- temala e del Pakistan, che vorrebbe l'Eritrea indipendente fra dieci anni, e amministrata intanto direttamente dalle Nazioni Unite, con l'assistenza di un consiglio consultivo nel quale siano rappresentate tanto l'Italia, come Stato interessato, quan- to le minoranze etniche locali.

La proposta federalistica, se in linea di massima non ci trova ostili {siamo stati i primi sostenitori, su queste colonne, della necessità di un'unione doganale ed economica tra l'Eri- trea e l'Etiopia), è stata però concepita, dai delegati della Bir- mânia e del Sud Africa, in maniera da assicurare all'Eritrea una vera ed efficace autonomia, ed agli italiani del luogo una suf- ficiente tutela dei loro diritti e dei loro interessi. Il progetto, infatti, sembra dimenticare che in Etiopia vige un ordina- mento statale addirittura medioevale, nel quale il Negus è so- vrano assoluto. Per di più esiste in Etiopia un ordinamento fondiario che non offre alcuna garanzia della proprietà privata.

La tesi della "Federazione tra l'Eritrea . e l'Etiopia potrebbe non apparire accettabile solo ad un ben chiaro patto : che l'au- tonomia dell'Eritrea fosse garantita nelle forme più ampie; che l'Eritrea, cioè, fosse costituita in stato indipendente, unito al- l'Etiopia soltanto dalla persona dell'Imperatore, sovrano asso* luto di là del Mareb, sovrano costituzionale al di qua; che le fossero riconosciuti organi di Governo propri, proprie forze di polizia ed un proprio ordinamento democratico, nel quale le minoranze siano ampiamente rappresentate e tutelate.

Occorre che il rispetto da parte etiopica della autonomia della Nazione eritrea sia garantito da organi permanenti in- ternazionali, residenti sul posto e nei quali l'Italia sia rappre sentata; occorre infine che i beni e gli interessi degli italiani siano tutelati non soltanto con una formale dichiarazione del- l'Assemblea dell'O.N.U., ma da speciali statuti, dei quali tro- viamo i precedenti in molte situazioni consimili {ad esempio in Egitto, in Tunisia e in Estremo Oriente).

E' poi necessario che una immediata ripresa dei rapporti diplomatici tra l'Italia e l'Etiopia costituisca il primo passo per una definitiva distensione tra i due Paesi, e segni l'inizio di una efficace collaborazione italo-etiopica nel campo econo- mico.

Se tutto ciò non sarà garantito in maniera chiara, salda e definitiva, l'Italia non potrà che aggiungere una nuova amara delusione alle molte che gli attuali alleati le hanno inflitto.

(N.d.R.)

CORONE DELL'ASMARA nelle acque del Golfo Persico « Potreste, un gruppo di voi » - scriveva nel maggio

scorso la signora Anita Gemignani ai lavoratori italiani del- l'Arabia Saudita - « potreste, un gruppo di voi, rappresen- tare le madri dei 23 Eroi che il 24 giugno del 1940 scompar- vero con il sommergibile Galvani nelle acque del Golfo Per- sico, e gettare in quel punto del mare, con le vostre mani, una piccola corona di fiori, acquistata con il vostro cuore? Se lo po- tete, vi giungano graditi infiniti ringraziamenti di quelle mam- me, e la loro benedizione » .

Giunsero, ad Al Azizyiah, due corone di fiori dall' Asmara: una a nome delle madri e dei familiari, una della Comunità Ita- liana d'Arabia.

Alle ore 9 del 24 giugno una lancia, con a bordo una rappresentanza di nostri connazionali, lasciò il pontile di Al Azizyiah per l'alto mare. Mancando un sacerdote, non fu pos- sibile celebrare una Messa in suffragio. Dopo il saluto rivolto agli Scomparsi dal capo del campo lavoratori italiani di Al Azi- zyiah, le due corone, furono, con religiosa semplicità, affidate alla pietà delle onde, sotto il cui velo giacciono, nitidi nel ri- cordo, i 23 italiani.

SALVATORE RUGGERI

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CORONE DELL'ASMARA NELLE

ACQUE DEL GOLFO PERSICO (vedasi a pag. 140)

NEL CIMITERO MILITARE DI NAIROBI - AMEDEO DI AOSTA FRA I SUOI SOLDATI

(vedasi a pag. 134)

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