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Frammenti di papiri figurati Author(s): Roberto Paribeni Source: Aegyptus, Anno 31, No. 2, RACCOLTA DI SCRITTI IN ONORE DI GIROLAMO VITELLI I (LUGLIO-DICEMBRE 1951), pp. 199-205 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41215373 . Accessed: 14/06/2014 23:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aegyptus. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.185 on Sat, 14 Jun 2014 23:30:50 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

RACCOLTA DI SCRITTI IN ONORE DI GIROLAMO VITELLI I || Frammenti di papiri figurati

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Frammenti di papiri figuratiAuthor(s): Roberto ParibeniSource: Aegyptus, Anno 31, No. 2, RACCOLTA DI SCRITTI IN ONORE DI GIROLAMO VITELLI I(LUGLIO-DICEMBRE 1951), pp. 199-205Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/41215373 .

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Frammenti di papiri figurati

Dodici anni or sono il Kortenbeutel inviava al prof. Calderini due fotografie di frammenti papiracei figurati delle collezioni del Museo di Berlino. Non essendosi avute più notizie di quelle collezioni, e nelP au- gurio che esse sian salve, e che i colleghi germanici possano riprenderne le illustrazioni, si è pensato intanto di presentare qui le due fotografie.

Il primo frammento (n. 5004) è ricordato nel Bulletin de Vlnstitut Égyptien du Caire (1) dal precedente proprietario Rotgers-bey, ed è riprodotto in molto piccole proporzioni da J. Strzygowski in una memo- ria illustrante un pregevolissimo papiro della collezione Oolenisceff (2) ; l'altro (n. 13982) è, a quanto mi consta, inedito. Né Tuno, né l'altro frammento recano tracce di scrittura, il che se ha incoraggiato l7 ine- sperto papirologo che scrive, è però di danno per la conoscenza del soggetto e per la datazione.

È noto, che le figurazioni su papiro, mentre non mancano nei pa- piri di età faraonica, sono meno comuni in quelli di età tolemaica e romana, e certo più rare di quelle che accompagnano antichi testi scritti su pergamena. All'elenco che ne è dato nella citata memoria del JBauer e dello Strzygowski (p. 171, n. 8) si possono ora aggiungere altri esem- plari elencati e in parte figurati dal Weitzmann (3) il quale, pur mirando ad esser completo nella sua enumerazione, non conosce che uno di quattro esemplari che sono nella collezione dei papiri di Firenze (4).

(1) II, 1880, p. 14. (2) Bauer Strzygowski, Eine Alexandrinische Weltchronik, in Denkschriften

der Wiener Akad. Phil. Hist. Klasse LI-1903, p. 175, fig. 25. * (3) Illustrations in Roll and Codex , Princeton 1947, p. 47 seg. (4) I papiri figurati fiorentini vengono tre da Oxyrhynchos, uno da Antinoe.

Dei tre di Oxyrhynchos due presentano figure d'arte classica : Eros e Psyche in una scena di symposion e Aiace diskophoros, uno una figurazione di soggetto cristiano, ma ancora di classica ispirazione : Gesù addormentato nella barca sul lago di Tiberiade in tempesta. Il papiro di Antinoe presenta un corteo di sol- dati romani del tardo impero. Per le relative illustrazioni : Minto, in Boll. d'Arte, 1925-26, p. 190; Coppola, in Papiri della Soc. Italiana, Vili, p. 85, tav. II- III ; Minto, in Papiri della Soc. Italiana, XII, 2, p. 213. Del papiro figurato di cui si fa cenno nell'elenco Bauer Strzygowski (1. e. p. 174) come cquistato

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in ogni modo, data questa rarità, mette conto far conoscere i due di Berlino, anche se, mancando la visione degli originali, non si possa dar conto dei particolari coloristici.

Il primo che può qui fruire di una riproduzione forse a grandezza naturale (fig. I)- in luogo della ridottissima data dallo Strzygowski, era stato dal Rotgers-bey così descritto : fragment d'un dessin qui represente une espèce de dragon vert, percé par la lance d'un homme portant sur sa tête un casque et ayant au bras un bouclier rouge, dessin que j' at- tribue aux Byzantins (1. c. a nota 1). Nël dragon vert mi sembra chiaro debba vedersi una leonessa, e così invero la definisce lo Strzygowski, il quale le attribuisce anche come coda quella grande macchia oscura che si vede dietro l'animale, e che si eleva sino ali' altezza della testa. Non riesco a comprendere che cosa quella macchia così ampia voglia signi- ficare, escluderei però la coda, perché non mi pare, che la natura sia stata mai tanto prodiga nell'assegnare code alle leonesse.

La bestia si è sollevata sulle zampe posteriori in atto di lanciarsi contro l'avversario. La bocca aperta con i denti segnati da punti bian- chi, la esagerata grandezza degli unghioni sottolineano Fazione aggres- siva della fiera. Ad essa si oppone un uomo di cui si vede parte della testa e del torace. Il volto di cui rimane l'occhio sinistro e parte della fronte incorniciata da una massa di capelli neri, doveva esser presentato quasi di pieno prospetto. Sul capo è un grande elmo a calotta molto alta, e che pare come suddivisa in tre campi che s' incontrano a spigoli vivi (1). Il torace è presentato pure quasi di prospetto, ed è vestito da una tunica, dai cui scarsi avanzi non mi pare possibile definire la forma, ma cke pare segnata da pieghe oscure e forse da una cintura. Contro la belva l'uomo protende, imbracciandolo con la sinistra, uno scudo ellit- tico, la cui convessità il disegnatore ha voluto più efficacemente dimo- strare, usando un doppio colore. Non appare chiaramente, se quello che si vede sopra la parte a colore più oscuro dello scudo rappresenti la mano destra dell'uomo, il cui braccio sarebbe in tal caso piegato al gomito. Tanto il Rotgers che lo Strzygowski pensano, che Fuorfio abbia con la lancia trafitto la belva, e lo Strzygowski vede la lancia in quel segno nero dentato che pare termini contro la gola della bestia, e la

dairOmont per la Bibliothèque Nationale di Parigi ma tuttora inedito, si può ora vedere una riproduzione in Weitzmann, Illustrations in Roll and Codex, cit., p. 51, fig. 40 e in Gasiorowski-Molartsvo, Minjaturove grecko-rzymskie , p. 17. Debbo queste indicazioni alla cortesia del sig. Seynac della Bibliothèque Nationale.

(1) Elmo simile per forma e grandezza in una pisside d'avorio del British Museum di lavorazione quasi sicuramente egizia, che è assegnata al IV sec. p. Chr.: Delbrueck, Consular dtptychen, p. 25; Dalton,' Ivory Carvings, n. 12, tav. VII; Grabar, Martyrium, Paris, 1946, II, p. 76.

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FRANAMENTI DI PAPIRI FIGURATI 201

chiama Lanze mit dem Widerhaken unter der Spitze. Lance di tal foggia, a guisa cioè di alabarda cinquecentesca, non sono per verità comuni nella panoplia antica, ma della loro esistenza fanno fede non solo al- cune figurazioni (1) ma anche l'esistenza delle parole SopuSpércavov, Xoy- ^ofJpsrcxvov. E se mai queste forme complicate sembrano più comuni nelle armi da caccia (venabula) che non in quelle da guerra e in mano a non Greci. Piuttosto è da osservare, che nel nostro non troppo cor- retto, disegno la presunta lancia si allarga nella parte estrema, dove dovrebbe invece appuntirsi, ed è troncata nella parte opposta, e non pare che continui in una foggia d'asta che dovrebbe terminare nelle mani del cacciatore.

Una scena di combattimento di un uomo con una belva è soggetto troppo fcomune, perché si possa pensare a proporre una determinata interpretazione. Notevole è in ogni modo, che l'uomo reca armi, da guerra (elmo e scudo) e non da caccia, il che mi pare allontani il nostro dipinto dalle frequenti scene di caccia a grandi fiere, che appaiono quale signorile esercizio sportivo in monumenti della tarda antichità, special- mente sarcofagi, mosaici, avorii (2). Per la datazione la esiguità del frammento non mi pare possa consentire più che una generica attribu- zione a tarda età classica.

L'altro frammento (fig. 2) presenta resti purtroppo molto mutili di tre figure. La figura centrale è quella di un uomo nudo che con le mani le- gate, col corpo di profilo e la gamba sinistra avanzata sembra esser or ora giunto o meglio esser stato condotto dinanzi a un personaggio, di cui si vede parte del corpo e quasi intero il braccio destro con la mano aperta e rivolta quasi in atto di accoglienza verso l'uomo nudo. Questo personaggio è vestito con una tunica che sembra terminare presso a poco sopra il ginocchio, e che è segnata da strisce scure che s'incro-

(1) Esempii in mano a orientali in vasi dipinti, Rein ach, Repertoire des vases peints, 1, p. 331-333; KA uso nia, V, 1911, p. 37, cfr. appresso a pag. un altro sulla stele sepolcrale di un eques della Vili coorte pretoria (C. I. L. VI, 2672 ; Daremberg Saglio, Dictionnaire des antiquités, s. v. équités p. 787. îig. 2743. Singolare anche la forma della lancia di un soldato di età domi- ziana: Magi, ¡rilievi Flavii del Palazzo della Cancelleria, Roma, 1945, p. 88; Couissin, Les armes romaines, Paris, 1926, p. 359 seg.

(2) Cfr. Ghirardini, in Mon. Lincei, XXIV-1918, col. 758; Gabrici, ibidem, XXVI1-1921, col. 193; Rodenwaldt, in Rom. Mitt, XXXV1-XXXVIM921-22 p. 65 e LIX-1944, p. 151 ; Gauckler, Musée Alaoni, Suppl. Mosaïques tav. 1, 3, 13; Romanelli, Leptis Magna, Roma, 1925, p. 151; Aymard, in Mélanges de ï École Franc, de Rome, 1937, p. 42; Levi, Antioch Mosaics Pavements, Prince- ton, 1947, p. 236 seg.; Arias, in Annuario Se. Arch. lt. di Atene, XXIV-XXVI, 1950, p. 309; Gütschow, Das Museum der Praetextatkatakombe, Roma, 1938, p. 66, tav. VI-IX etc.

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ciano. La tunica sembra manicata, e dove essa termina, s'inizia una linea che scende verticale, e che la migliore conservazione della terza figura ci permette di interpretare come la linea esterna di un pantalone che giunge sino ai piedi. Della testa rimane forse la puqta del naso che farebbe pensare la faccia volta di profilo verso l'uomo nudo. La terza figura alPestremità sinistra è la meglio conservata tranne la testa, di cui rimane una piccola-parte della guancia sinistra e un buon tratto di una folta capigliatura nera. È vestita di una tunica probabilmente ma- nicata con fasce verticali brune, che termina con una frangia all'altezza del ginocchio. Intorno al collo è allacciato un mantello di color oscuro che pende dietro le spalle, e di cui si vede la faccia interna più chiara di quella esterna, che discende più in basso della tunica. Le gambe sono chiuse in un paio di pantaloni bianchi cilindrici, che terminano alle cavi- glie (1), i piedi recano calzari che coprono le dita. È questa figura che pare abbia catturato e legatele mani all'uomo nudo, e che tuttora tiene i capi di due legacci che avvincono il prigioniero. Tra la figura centrale e quella di destra si vede un grande vaso marmoreo col ventre baccellaio e col labbro ripiegato all'infuori, dal quale sorge un arbusto diritto dalle foglie stranamente stilizzate. Intorno al piede del vaso son cresciute delle erbe. Elementi vegetali si presentano talora in queste illustrazioni di papiri con l'unico valore di separare una figura dall'altra (2) ma qui la presenza del vaso marmoreo e delle piante che gli crescono intorno, fa pensare, che si sia voluto rappresentare un giardino. Abbiamo dun- que un uomo nudo che un uomo tunicato e bracato conduce legato dinanzi a un personaggio anch'esso bracato e manicato : un nudo per- tanto e due abbondantemente vestiti e con indumenti che si attribui- scono ad orientali. Questa volta è possibile presentare una proposta di spiegazione. L'uomo nudo potrebbe essere Sileno condotto prigioniero dinanzi al re di Frigia Mida (3). Del viso del presunto Sileno resta ma-

il) Pantaloni simili sono dati a figure di negri in un gruppo di alabastra non bene databili : American Journal of Arch., 1935, p. 41, tav. X-XI.

(2) Vedi ad es. Bauer Strzygowski, 1. e, tav. Vili recto, lett. F. (3) Escluderei senz' altro, che ci si possa riferire alla illustrazione di un

qualche scritto agiografico cristiano. Non è il giudizio, ma il supplizio quello che nelle storie dei martiri è rappresentato, e in ogni modo un santo martire non sarebbe stato raffigurato in completa nudità, specialmente nella iconografia cristiana orientale, dove perfino Giona entra ed esce completamente vestito nelle fauci del cetáceo. Símilmente credo dover rinunciare a vedere nella nostra pittura un' altra scena di cattura di un uomo da parte di altri due : quella di Dolone preso da Diomede e da Odisseo (Iliade, X). A tale episodio verrebbe fatto di pensare in grazia della grande frequenza con la quale testi omerici son riportati nei papiri. Ma i particolari del racconto delP Iliade sono tutti contrarii alla possibilità di accettare una simile interpretazione. Dolone non è nudo, né

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FRAMMENTI DI PAPIRI FIGURATI 203

lauguratamente molto poco, si vede però una barba che, anche se non bianca e prolissa, à Sileno conviene, come gli conviene la nudità. Una grossa lacuna nel papiro non permette di vedere, se fosse stata alla figura data la coda che di Sileno sarebbe propria.

La leggenda di Sileno catturato è narrata da più autori e con un numero di varianti, che attesta, quanto essa sia stata in un certo tempo diffusa (1). Precede tutti gli altri Erodoto per il quale la cattura avviene in Macedonia nei giardini di Mida dalle grandissime profumatissime rose presso il Monte Bermios (2). Erodoto non manca però di dire: così dicono i Macedoni, quasi che non gli fosse ignota l'altra versione del mito, che pone il fatto in Frigia, non solo, ma chiama Mida ó Fop- Slsó;. La collocazione del fatto in Frigia ci è attestata prima che da altri da Senofonte che ricorda presso Thymbrion città della Frigia Orientale una 7.0'rivr, toö Mröou zaXou^evv), nella quale mescolando vino, Mida avrebbe inebriato e catturato Sileno. Pausania pone anche lui in Asia Minore presso Ancyra la fonte di Mida. Ateneo, Eliano, Tzetzes (Com- mento a Lycophron 1401) senza specificazioni di luogo si riferiscono a Teopompo. Ma più che il fatto della cattura dovette interessare e dare diffusione al racconto quello che Sileno avrebbe detto al re Mida, e non tanto la lunga esposizione di carattere mitologico geografico di cui Eliano (1. e.) ma le parole di desolato pessimismo sul doloroso destino degli uomini. Le aveva riferite Aristotele, e da lui le deriva Plutarco (1. e. a nota 1). Questa figura di Sileno, saggio, poeta, veggente, è quella che può essersi a lungo conservata nel tempo, che ritroviamo, sia pure spoglia di ogni riferimento a Mida, nel mondo latino (Virg., Eclog., VI) e che può esser giunta nel tardo libro egiziano, cui la no- stra figura faceva da illustrazione.

Ci sorprende invece quanto troviamo nella Vita di Apollonio (Phi-

possono essere vestiti da orientali Diomede e Odisseo ; anzi le brune pelli ani- mali di cui tutti e tre i personaggi si inviluppano il capo sono per la loro dissimiglianza dalle consuete fogge di armatura e per la loro convenienza al- Pmpresa di esplorazione notturna parte così essenziale del racconto, che la loro figurazione non avrebbe potuto essere trascurata nella illustrazione dell'episodio. Cfr. Sestieri, Un rilievo di Malta con la rappresentazione della Doloneia, in Rendic. dei Lincei, 1937, p. 21 ; Klingner, Ueber dia Uoloneia,'n Hermes, 1949, p. 337.

(1) Herodot., Vili, 138; Xenoph., Anflbasis, I, 2, 13; Theopomp., tram. 75, ed. Jacoby ; Plutarch, Consol, ad Apoll, 27; Aelian, Van Mist, III, 18; Athen, II, 45 c. ; Pausan., I, 4, 5.

(2) Che le strane forme floreali che sorgono dal vaso marmoreo nella nostra figura vogliano riferirsi alle straordinarie rose dei giardini di Mida? Si potrebbe forse anche pensare, che la forma della rosa non fosse troppo familiare al pit- tore egiziano.

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lostrat. VI, 27). Invero tra le cose prodigiose attribuite al taumaturgo di Tiana ci si narra, che egli avrebbe catturato inebriandolo un Satiro in Etiopia. La localizzazione del fatto in Etiopia potrebbe esserci gra- dita, dato il luogo di provenienza della nostra figurazione, e anche il riferimento a un Satiro e non a Sileno potrebbe meglio convenire al- l'aspetto giovanile (barba nera) del nostro personaggio nudo, ma i vestiti orientali delle altre due figure del nostro papiro non mi pare ci con- sentano di abbandonare l'attribuzione alla impresa di Mida. Occorrerebbe anche pensare, che i lettori di Filostrato non conoscessero o non ricor- dassero più la storiella del Sileno di Mida, dalla quale V impresa di Apollonio sarebbe apparsa plagiata.

Accanto alle testimonianze letterarie non mancarono le artistiche, le quali, per quanto mi consta, si limitano alle pitture vascolari, e ap- paiono notevolmente distanti per tempo dalla nostra figurazione. L'esem- plare più antico è quello di una kylix a figure nere trovata a Egina, firmata da Ergotimos che sembra debba identificarsi col -o^aa; del vaso François (anche qui EPrOTIMOS KUOIKIIÙX). In esso Sileno nudo e caudato è tratto per mano da un uomo e sospinto da un altro ; i due si chiamano 0PEI02 e 0EP1TA2, e non compare Mida (1). Un altro vaso a figure nere da Eleusi presenta invece Mida (2). Più complete sono le figurazioni di vasi a figure rosse: stamnos di Agrigento al Museo di Palermo, fondo di kylix nel museo Gregoriano, anfora di Chiusi al British Museum, cratere apulo al Museo di Napoli (3). In questi vasi a Mida seduto in trono con scettro e suppedaneo è da un soldato orientale bracato e con lancia complicata con ascia (àopuSpé-avov) pre- sentato Sileno nudo con le mani legate dietro il dorso. Anche nel no- stro dipinto avremmo volentieri pensato Mida seduto in trono, se non che pare opporsi la linea verticale del pantalone che sembra anche segnare la curva del ginocchio. Questo particolare di Mida ritto in piedi si concorda con l'altro che pone la scena non in una sala del trono ma in un giardino (attestato dal vaso marmoreo e dalle erbe) e ci mostra, che il nostro modesto illustratore è indipendente dalla fonte iconogra- fica cui attinsero i dipintori dei vasi. I quali non mancano di segnare un particolare che se fosse stato presente nel nostro, sarebbe stato de- cisivo per la interpretazione : le orecchie asinine di Mida.

(1) Reinach, in Rep er t des vase€, II, p. 120, n. 4; Wiener Vorlegeblätter, 1888, tav. IV, 3: Kuhnert, in Röscher, Lexikon für Mvth.. II, col. 2963.

(2) Bulle, Midas und Silen, in Ath. Miti. XXII, 1897, p. 387,. tav. 13. (3) Reinach, Repertoire, I, 269 e II, 122; Heydemann, in Jahrbuch des Insu,

1887, p. 112; Galli, Marsìa Sileno, in Memorie dei Lincei, XVI, 1920, p. 17, fig. 3. Bponner, Bilder der Midassage, in Jahrbuch des Instituts, Anzeiger, 1941. col. 36 seg.; Fradisse, Midas et Silène, in Rev. Arch. XXV, 1946, p. 212.

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FRAMMENTI DI PAPIRI FIGURATI 205

Può sembrare singolare, che dalle remote testimonianze delle pitture vascolari si giunga senza tappe intermedie a questa nostra tarda figu- razione, e che il vecchio mito si sia conservato così a lungo. Ricordiamo però, che in uno dei frammenti fiorentini illustrati dal Minto (1) c'è un mito (Aiace Diskophoros) anche più raro e meno significativo del no- stro. Il quale invece poteva esser ricordato per i s'aggi discorsi tenuti a Mida e anche per la famosa somiglianzà fisica che gli antichi avevano trovato tra Sileno e Socrate.

Di testi illustrati ci si parla più volte dagli antichi (2) ma niuno si può dire ce ne sia arrivato che rappresenti un grande valore artistico. Ne* maggior numero dei casKl'opera doveva essere compiuta da mo- desti mestieranti, ai quali non si domandava se non la raffigurazione senza pretese artistiche delle cose esposte nel testo. A questo livello si tengono gli autori dei nostri due dipinti.

Milano. Roberto Paribeni

(1) In Papiri della Soc. Italiana, XII, 2, p. 213. (2) Birt, Die Buchrolle in der Kunst, p. 286; Peter, Geschichtliche Lite-

ratur, I, p. 378; Bethe, in Rheinisches Museum, XLVIII, 1893, p., 97; Bywanck, Die antike Buchmalerei und ihre Bedeutung für die Archäologie, in VI Internat. Kongress für Archäologie, Berlin, 1939, p. 610; Weitzmann, Illustrations in Roll and Codex, Princeton, 1947; Bywanck, De oorsprong van net geillustreerde Boek, in Hudelbock Pater B. Kruvtwagen 's Gravenhage, 1949, p. 89.

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