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Seconda lezione - I cinque libri Prof. Gian Paolo Bortone

Seconda lezione - I cinque libri Prof. Gian Paolo Bortone · Il pentateuco è composto da libri di diversa lunghezza che formano complessivamente 5845 versetti. Si tratta, quindi,

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Seconda lezione - I cinque libri

Prof. Gian Paolo Bortone

Dopo aver parlato del Pentateuco, occupiamoci della struttura di questo corpo letterario. Sappiamo che è composto da cinque libri:

è una semplice giustapposizione oppure questa divisione ha un qualche significato sia per il Pentateuco che per i libri stessi?

La loro posizione è indifferente?

Il pentateuco è composto da libri di diversa lunghezza che formano complessivamente 5845 versetti. Si tratta, quindi, di un’opera abbastanza poderosa.

Il più breve è il Levitico (composto da 25 capitoli e 859 versetti), mentre il più lungo è il libro della Genesi (50 capitoli, 1534 versetti); Esodo (40 capitoli, 1209 versetti) e Numeri (36 capitoli, 1288 versetti) sono più o meno simili, mentre il Deuteronomio è appena più lungo del Levitico (34 capitoli, 995 versetti).

Verifichiamo se una risposta è possibile rintracciando le ragioni materiali

Difficilmente sarebbe stato possibile trascriverlo tutto su un unico rotolo che avrebbe dovuto essere lungo circa 33 metri. Un rotolo così lungo non era per niente pratico per la lettura sinagogale.

Il Pentateuco, quindi, doveva essere a sua volta diviso in cinque diversi rotoli, corrispondenti ai cinque libri, la cui grandezza variava dai 6 ai 7 metri

Verifichiamo se una risposta è possibile rintracciando le ragioni materiali

Considerazioni quantistiche a parte, anche la divisione nei vari libri sembra non seguire alcun criterio contenutistico coerente. Dal punto di vista contenutistico, quindi, la divisione tra i libri è alquanto arbitraria

Giacobbe e la sua famiglia, infatti, si stabiliscono in Egitto in Gn 46, ma il libro dell’Esodo inizia più tardi.

La pericope del Sinai inizia in Es 19 e termina soltanto in Nm 10,10, estendendosi per tre libri, ma non rispettando alcuna divisione particolare.

Israele arriva alle soglie della «terra promessa» già in Nm 21,20 e tuttavia il libro successivo, il Dt, non sembra coincidere con questo momento…

Verifichiamo se una risposta è possibile rintracciando le ragioni materiali

Il libro della Genesi inizia con la creazione del mondo con la famosa formula iniziale (berē’šît bārā’ ’aelōhîm) e finisce con la morte di Giacobbe e di Giuseppe, concludendo in questo modo l’epoca patriarcale e segnando il passaggio della storia di Israele da storia di una famiglia a storia di un popolo, diventando un «sommario prolettico del racconto ulteriore» che inizia con Esodo.

l’Esodo si riallaccia a Genesi con un piccolo riassunto della storia di Giuseppe (Es. 1,1-7) creando in questo modo una cerniera tra la «storia dei patriarchi» alla «storia del popolo» e segnando il passaggio da un periodo all’altro della storia di Israele. La conclusione del libro (40,34-38) descrive il momento in cui la «gloria di YHWH» riempie la «tenda dell’incontro», indicando che YHWH abita con il suo popolo, lo accompagna e lo guida.

Proprio la tenda dell’incontro segna l’inizio del libro del Levitico:

«E YHWH chiamò Mosè e gli parlò nella tenda dell’incontro dicendo…».

C’è, quindi, una novità nella modalità comunicativa: Dio non parla più a Mosè dalla vetta del Sinai (Es 19,3), ma nella tenda dell’incontro

Anche l’introduzione del libro dei Numeri recita: «YHWH parlò a Mosè nel deserto del Sinai nella tenda dell’incontro nel primo giorno del secondo mese, il secondo anno dopo la loro uscita dalla terra d’Egitto, dicendo…».

Dal punto di vista cronologico, allora, siamo ancora nel deserto del Sinai e YHWH continua a parlare dalla tenda dell’incontro (Es 40,34-35; Lv 1,1).

La conclusione richiama quella di Lv 26,46 e 27,34: «Quelli sono gli ordini e i giudizi che YHWH diede per mano di Mosè ai figli di Israele nelle steppe di Moab, di fronte al Giordano di Gerico» (Nm 36,13), equiparando le leggi date nelle steppe di Moab a quelle date al Sinai

il Deuteronomio ha la sua cornice: inizia, come Numeri, con un’introduzione che indica il posto e il luogo dell’azione: «Queste sono le parole che Mosè pronunciò davanti a Israele al di là del Giordano, nel deserto […] nell’anno quaranta, mese undicesimo, il primo del mese» (Dt 1,1-3). La morte di Mosè segna la fine sia del libro che dell’intero Pentateuco

In conclusione possiamo dire che i primi cinque libri del Pentateuco sono chiaramente divisi attraverso alcuni segnali linguistici e strutturali. Nel complesso, essi formano una specie di vita di Mosè al servizio di YHWH e di Israele.

Le introduzioni di Levitico e Numeri e la conclusione di Deuteronomio mettono in risalto il carattere normativo di questi libri, un carattere normativo che discende dalla figura di Mosè, mediatore speciale tra Dio e gli uomini, e dalla’importanza dell’alleanza del Sinai e delle steppe di Moab come luoghi teologici in cui si è stabilita l’alleanza tra Dio e il suo popolo.

La maggioranza degli esegeti riconosce alla formula delle tôledôt l’elemento che struttura il libro della Genesi. La formula si trova ben 11 volte nel libro: 2,4; 5,1; 6,9; 10,1; 11,10; 11,27; 25,12; 25,19; 36,1.9; 37,2).

Libro della Genesi - tôledôt

Due sono i principali problemi.

In primo luogo, l’esatto significato della parola. In alcuni casi significa «elenco dei discendenti» o «discendenti di…» (5,1; 10,1; 11,10). In altri casi, invece, significa «storia di…» e si riferisce agli eventi (2,4).

Libro della Genesi - tôledôt

In secondo luogo, anche dal punto di vista strutturale, alcune volte la formula serve da introduzione (cf. 37,2),

Libro della Genesi - tôledôt

mentre altre volte funge da conclusione di un racconto (è il caso di 2,4 che funge da finale per il racconto di 1,1-2,4a).

il primo problema, in realtà, è un falso problema. In linea generale, infatti, la parola, sia che si riferisca alle persone che agli eventi, significa sempre la stessa cosa, ossia «quello che è stato generato da…».

Ora, a volte, questa formula è seguita da un elenco di nomi, quasi ad indicare una genealogia (5,1; 10,1; 11,20; 25,12; 36,1.9), mentre altre volte (2,4; 6,9; 11,27; 25,19; 37,2) è seguita da una narrazione che tratta, comunque sia, sempre dei discendenti del personaggio menzionato nella formula.

Proprio queste ultime sembrano corrispondere ai momenti più importanti della Genesi: creazione dell’uomo e della donna (2,4); diluvio (6,9); storia di Abramo (11,27), di Giacobbe (25,19) e di Giuseppe e i suoi fratelli (37,2).

Libro della Genesi - tôledôt

Anche riguardo al secondo punto, bisogna specificare che tutte le formule, compresa quella di 2,4, hanno valore introduttivo: in esse, infatti, è sempre menzionato il generatore e non ciò che viene generato.

La formula di Gen 2,4 non significa «storia dell’origine del cielo e della terra», ma «storia di quello che è stato generato dal cielo e dalla terra», ossia il mondo descritto in Gen 2,4-25 in cui dalla terra YHWH genera il primo essere umano (2,7), fa germogliare gli alberi (2,9) e poi forma gli animali (2,19).

Più che significare, allora, la conclusione del primo racconto della creazione, essa funge da introduzione al secondo racconto.

Inoltre, bisogna ricordare che Gen 1 non parla di generazione, ma di creazione.

Libro della Genesi - tôledôt

La formula si estende per tutto il libro e non sembra segnare una differenza tra la storia delle origini (Gen 1-11) e quella dei patriarchi (Gen 12-50), divisione diventata classica all’interno degli studi di settore.

Piuttosto, sembra sottolineare un’altra divisione: prima del diluvio e dopo il diluvio

Libro della Genesi - tôledôt

Fra il diluvio e la storia di Abramo il libro della Genesi contiene poche narrazioni: tutto, comprese le storie della sbornia di Noè (9,18-29) o della torre di Babele (11,1-9), appare funzionale alla presentazione del personaggio di Abramo: a partire da Gen 9,20-29 i testi non si interessano più allo storia dell’universo in quanto tale, ma introducono un principio di selezione che porta inesorabilmente alla chiamata di Abramo (Gen 12,1-3)

Libro della Genesi - tôledôt

In primo luogo, siamo in presenza dei cosiddetti «programmi narrativi»: si tratta di alcuni discorsi programmatici divini che hanno come orizzonte l’intera storia di Israele o quella di uno dei patriarchi.

Libro della Genesi – Altri elementi

Gen 12,1-3 Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò.

Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e

tutte le famiglie della terra useranno il tuo nome per benedirsi».

Libro della Genesi – Altri elementi

un secondo discorso divino fatto ad Abramo (Gen 13,14-17) preciserà i confini della terra che Dio dona ad Abramo e, con lui, all’intero Israele

Libro della Genesi – Altri elementi

«Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui: “Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno, verso l'oriente e l'occidente. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te”» (Gen 13,14-17).

In Gen 26,2-5 Dio ripete ad Isacco le promesse già fatte ad Abramo

«Gli apparve il Signore e gli disse: “Non scendere in Egitto, abita nel paese che io ti indicherò. Rimani in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché a te e alla tua discendenza io concederò tutti questi territori, e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre. Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno benedette per la tua discendenza; per il fatto che Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi”».

Libro della Genesi – Altri elementi

Nella «visione di Betel» (Gen 28,10-22) Dio si rivela a Giacobbe come il Dio di Abramo e di Isacco sottolineando la continuità fra i patriarchi

Ma c’è anche un elemento di novità:

la promessa di Dio di far tornare Giacobbe nella terra dei suoi padri (28,5).

“Poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto”

Libro della Genesi – Altri elementi

Gen 46,1-5 siamo all’inizio del viaggio di Giacobbe verso l’Egitto dove si trova Giuseppe: con Giacobbe si trasferisce tutta la famiglia. Ma non si tratta di un trasferimento definitivo. Dio promette che lo farà salire dall’Egitto

“Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea, dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco. Dio disse a Israele in una visione notturna: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te un grande popolo. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi». Giacobbe si alzò da Bersabea e i figli di Israele fecero salire il loro padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandati per trasportarlo”.

Libro della Genesi – Altri elementi

Un filo rosso intorno al quale sembrano intrecciarsi tutte queste storie è costituito dall’interesse per la «terra»:

YHWH la fa vedere ad Abramo, La promette un’altra volta ad Isacco; vi fa ritornare Giacobbe dopo l’esilio

forzato presso suo zio Labanoe promette nuovamente di far

ritornare i suoi discendenti che si sono stabiliti in Egitto.

In tutti questi testi è evidente che la terra promessa è la terra di Canaan: intorno ad essa ruotano gli itinerari e le peregrinazioni dei patriarchi

Libro della Genesi – La terra

Un altro tema importante è la ricerca della discendenza, erede della promessa

Libro della Genesi – La discendenza

Gen 1-9 sagoma la storia dell’umanità, un’umanità che nonostante la creazione «buona» è sotto il segno del peccato e della violenza e che origina il diluvio. Dal diluvio nasce una nuova umanità, già in qualche modo redenta. Di questa umanità fa già parte Israele nel risalto che viene dato alla figura di Sem, figlio di Noè e antenato di Terach, padre di Abramo

Libro della Genesi – La discendenza

Proprio con Abramo la storia si impernia sulla ricerca dell’erede della promessa fatta al patriarca: chi sarà? È la storia di candidati che saltano: Lot (Gen 13), Eliezer (Gen 15), Ismaele (Gen 16 e Gen 21), tutti scartati in favore di Isacco, l’unico erede (Gen 21,1-7; cf Gn15,1-6; 17; 18,1-15). Non solo: Isacco è erede della promessa e della terra di Canaan, motivo per cui gli altri popoli si posizioneranno fuori da essa

Libro della Genesi – La discendenza

Anche la storia di Giacobbe (Gen 25-35) serve a definire che solo lui è l’erede della promessa nonostante il fratello maggiore Esaù e lo zio Labano, fissando con precisione i confini dei territori occupati ed indicando che la terra di Canaan appartiene a Giacobbe (28,13-13; 31,3.13; 32,10)

Libro della Genesi – La discendenza

Infine, la storia di Giuseppe risponde ad un’ultima domanda: come mai vi sono dodici tribù? In questo caso, il libro sembra seguire lo stesso plot dei racconti precedenti: c’è un conflitto tra fratelli (Gen 37) e, tuttavia, questo conflitto non porta alla sanzione di un unico erede, ma alla benedizione di tutti i fratelli in Gen 49, fratelli che sono a capo delle dodici tribù di Israele.

Libro della Genesi – La discendenza

Non tutti gli esegeti cercano di esaminare la strutturazione del libro dell’Esodo perché preferiscono analizzare come un unico blocco letterario i testi di Esodo, Levitico e Numeri. J. Blenkinsopp, per esempio, struttura questo blocco letterario in tre sezioni: la prima, «Israele in Egitto» (Es 1,1-15,21); la seconda, «Israele nel deserto» (Es 15,22-18,27 + Nm 10,11-36,13); infine la terza, «Israele al Sinai» (Es 19,1-Nm 10,10).

Libro dell’Esodo - Struttura

La struttura dell’Esodo è molto differente da quella di Genesi soprattutto per l’assenza di segnali linguistici (come era la formula delle tôledôt) intorno ai quali possa crescere (ed essere individuata) la struttura del testo. Vi sono, tuttavia, alcune formule di tipo sacerdotale (P) che scandiscono le varie tappe del cammino di Israele nel deserto, formule che riappariranno nel libro dei Numeri. Tuttavia si tratta di formule che non sono presenti lungo tutto l’arco del teso (risultano del tutto assenti in Es 19-40) Per una panoramica dettagliata dell’ipotesi documentaria e delle fonti alla base del Pentateuco, rimando alla prossima lezione.

Libro dell’Esodo - Struttura

In linea generale, gli esegeti distinguono tre parti del testo:

«Uscita dall’Egitto» (Es 1,1-15,21);

«Cammino dall’Egitto fino al monte Sinai» (Es15,22-18,27);

«Israele al Sinai: alleanza e leggi» (Es 19-40)

Libro dell’Esodo - Struttura

Per tentare una soluzione, anziché dall’inizio, partiamo dalla fine: il libro, infatti, si conclude con la consacrazione della tenda dell’incontro (Es40,34-38).

Questo episodio può essere una chiave di lettura del libro nella sua forma canonica

Allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la Dimora.Ad ogni tappa, quando la nube s'innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano l'accampamento. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d'Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.

Libro dell’Esodo – una soluzione

in Es 40,34-38 YHWH prende possesso della tenda dell’incontro, viene, cioè, ad abitare in mezzo al suo popolo (40,35; cf 29,43-46). I simboli di questa presenza sono la «gloria» e la «nube».

Libro dell’Esodo – una soluzione

Il testo si collega a

Libro dell’Esodo – una soluzione

1Re 8,10-13Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nuvola riempì il tempio e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare sulla nube. Io ti ho costruito una casa potente, un luogo per la tua dimora perenne».

Ez 43,1-7 Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d'Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria. La visione che io vidi era simile a quella che avevo vista quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo vista presso il canale Chebàr. Io caddi con la faccia a terra. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente. Lo spirito mi prese e mi condusse nell'atrio interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio. Mentre quell'uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava e mi diceva: «Figlio dell'uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo agli Israeliti, per sempre. E la casa d'Israele, il popolo e i suoi re, non profaneranno più il mio santo nome con le loro prostituzioni e con i cadaveri dei loro re e con le loro stele».

Il testo si collega, allora, alla comunità post-esilica che ha visto nella consacrazione della tenda il momento chiave della storia di Israele.

Libro dell’Esodo – una soluzione

Libro dell’Esodo – una soluzioneQuesto perché nel Medio Oriente antico la consacrazione di

un Tempio è il momento solenne in cui una divinità afferma la propria sovranità: ugualmente, anche YHWH, venendo ad abitare in mezzo ad Israele, afferma, al tempo stesso, la sua sovranità e l’esclusiva sul popolo. La consacrazione del Tempio, in pratica, rende plasticamente evidente quanto affermato nel primo comandamento:

«Io sono YHWH, il tuo Dio che ti ha fato uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa di servitù. Non avrai altri dei accanto a me» (Es 20,2-3). E completa, quindi, il racconto della creazione che era terminato con la menzione della consacrazione soltanto del tempo sacro (il sabato) con l’installazione di una dimora del Dio creatore in mezzo al popolo creato.

Libro dell’Esodo – una soluzione Es 1-15 è imperniato intorno alla domanda su chi è il vero signore di

Israele e, quindi, su chi Israele deve servire: Faraone o YHWH? In quest’ottica il racconto delle piaghe (Es 7-11) e il passaggio del mare (Es14) rappresentano chiaramente due momenti in cui YHWH rivela sua sua sovranità e superiorità. Di fronte, infatti, alla mancanza di conoscenza di Faraone («Non conosco YHWH», Es 5,2), YHWH si rivela. Per questo motivo, in questa parte del testo sono frequenti le formule di riconoscimento: «affinché sappiano/sappiate che io sono YHWH». La conclusione di questa prima parte, dopo la vittoria definitiva di Es 14, è il canto di Mosè in cui si afferma che «YHWH regnerà in eterno e per sempre» (Es 15,18) ed è preceduta dal riferimento alla futura costruzione del santuario: «Li condurrai e pianterai nel monte della tua eredità, luogo della tua dimora, quella che tu hai costruito, YHWH, il santuario del Signore che le tue mani hanno consolidato». Già al termine della prima parte del testo, quindi, sovranità di YHWH e costruzione del santuario risultano essere intrecciate.

Libro dell’Esodo – una soluzione

Es 15,22-18,27 si presenta come una transizione che accompagna il cammino del popolo dall’Egitto al monte Sinai e accennano alla legge e alla futura organizzazione giuridica del popolo. In questo cammino, YHWH è il sovrano chiamato a risolvere i problemi del suo popolo: la sete, la fame, l’attacco dei nemici.

Libro dell’Esodo – una soluzione Es 19,1-24,11 rappresenta uno dei vertici dell’intero libro dell’Esodo.

Innanzitutto abbiamo delle evidenti ricorrenze tra 19,7-8 e 24,3.7 che formano così un’inclusione che fa da cornice all’intera sezione.

In secondo luogo, la presentazione di YHWH (Es 20,2-3) si ricollega all’evento fondamentale della storia della salvezza di Israele, ossia l’esodo. A partire da questa premessa salvifica, YHWH fonda tutte le sue prerogative sul «suo» popolo.

Proprio questo legame di possesso è inserito nel testo programmatico posto all’inizio della sezione (Es 19,3-8): YHWH propone ad Israele di diventare suo «appannaggio» fra tutti i popoli della terra, «un regno sacerdotale» e una «nazione santa».

Questo programma viene suggellato dall’alleanza e, di fatto, trasforma Israele in una nazione santa e un regno sacerdotale, consacrato, tramite il rito dell’aspersione.

Anche in questa sezione, nonostante il santuario non sia mai nominato, assume una particolare rilevanza l’associazione tra sovranità di Dio su Israele e consacrazione del Tempio. Qui è tutta una nazione ad essere dichiarata santa, esattamente con lo stesso rito con cui saranno consacrati i sacerdoti in Es 29 e Lv 8.

Libro dell’Esodo – una soluzione

In Es 24,12-31,18 Dio rivela a Mosè il piano del santuario da costruire in modo che YHWH possa abitare in mezzo al suo popolo, rendendo evidente la sua sovranità. C’è da notare che questa sezione è incorniciata da due menzioni delle «tavole di pietra» che contengono la legge (24,12; 31,18): è evidente il ruolo primario dato alla legge. Solo nel rispetto del patto, dell’alleanza e, quindi, più profondamente, delle condizioni della relazione fra YHWH e il suo popolo, solo a queste condizioni YHWH potrà abitare in mezzo al suo popolo.

Libro dell’Esodo – una soluzione

Difatti in Es 32-34 l’episodio del vitello d’oro provoca una grave crisi che mette in pericolo l’esistenza di Israele come popolo di YHWH. Questo vitello, infatti, è assunto come una divinità rivale. Una domanda cruciale (33, 3.5.14) domina questi capitoli: ora che Israele è venuto meno al patto, YHWH continuerà ad abitare in mezzo al suo popolo e a guidarlo nel deserto? Dio, grazie all’intercessione di Mosè cede (33,14.17) rivelandosi come un Dio di misericordia e perdono (Es 34,6-7). Una nuova alleanza, sancita dal dono di due nuove tavole (34,1.27-28), permette ad Israele di continuare a vivere e a camminare come popolo di YHWH.

Libro dell’Esodo – una soluzione

Proprio il rinnovo dell’alleanza è la condizione di possibilità di costruzione del santuario in cui YHWH viene ad abitare in 40,34-35. YHWH ha ormai dimostrato di essere il sovrano di Israele perché ha annichilito la potenza umana del faraone e le altre divinità simboleggiate dal vitello d’oro. Da questo evento conseguono due elementi fondamentali:

in primo luogo, se Dio abita in mezzo al suo popolo, allora è necessario organizzare il popolo in funzione della presenza divina (Levitico);

in secondo luogo, dalla tenda, sarà YHWH a guidare il suo popolo e il libro dei Numeri descriverà l’andamento di questa marcia sotto la guida di YHWH.

Libro dell’Esodo – conclusione

Alla fine dell’Esodo il popolo «serve» YHWH: al contrario del servizio (inteso come lavoro forzato) agli ordini di Faraone con cui si era aperto il testo, questa azione di servizio si connota liturgicamente, come servizio spontaneo, spinto da «un cuore ben disposto» (35,5.22).